in Myanmar non c'è scampo. Ogni giorno centinaia di famiglie sono costrette a consegnare i propri figli con torture, rapimenti e ricatti economici. L'ultima speranza per non vedersi portar via i figli è organizzare un finto funerale oppure mandarli a lavorare in Cina. Così, una volta "morti" i ragazzi non possono più essere reclutati. Noto in passato come Birmania, secondo Refworld, il Myanmar è lo stato con il più alto numero di bambini soldato nel mondo. Human Rights Watch ha dichiarato che 70mila sono i giovani attualmente arruolati: il 20% dell'intero esercito. La storia di Ake Xi - Solo uno dei tanti ragazzi "morti" per sfuggire al tragico reclutamento, Ake ha visto spargere i fiori sulla sua tomba tramite Skype, ma lui è ancora vivo. "Mi sono sentito così strano: volevo urlare "non sono morto"", ha detto il 18enne in un'intervista ad Al Jazeera. La famiglia ha voluto il finto funerale per evitare che iniziasse a combattere per l'esercito dello stato centro orientale dello Shan (SSA-S) costantemente in cerca di giovani da rapire. Amnesty International ha documentato 45 casi di rapimenti da parte di TNLA e SSA-S nello Stato Shan tra la fine del 2015 e la fine del 2016, quando i combattimenti si erano intensificati tra le due parti in guerra. Poi, le paure sono diventate reali per la famiglia di Ake: se il figlio non veniva consegnato alla SSA-S avrebbero dovuto pagare 7mila dollari. Come alternativa i parenti potevano scegliere di essere rapiti. "Insieme ad altri tre uomini mi hanno legato e bendato mentre uscivo dal villaggio", ha raccontato il padre del ragazzo. "Volevano sapere quante altre famiglie nascondevano i loro figli". Poi l'ultimatum: il terzo giorno i soldati lo hanno accompagnato in città per fargli prelevare l'oro di suo padre, l'intero ammontare dei loro risparmi. "Non avevamo scelta", ha detto ad Al Jazeera. Una pratica diffusa in tutto il mondo - In Myanmar, tra eserciti statali e gruppi armati di ribelli, gli autori di tali pratiche crudeli sono sette in totale. Nel 2003 l'esercito statale del Myanmar è stato giudicato colpevole di questa tribalità per la prima volta. Nonostante ciò il reclutamento forzato continua a devastare le famiglie della regione. La situazione non stupisce in un paese in cui il partito nazionale rappresenta i militari e dove il regime, secondo diverse organizzazioni come Amnesty International, non sembra rispettare i diritti dell'uomo. Ma la Birmania non è l'unica autrice di queste pratiche: almeno 46 sono i paesi nel mondo che ancora reclutano bambini nelle forze armate. Di questi il 40% sono ragazze. In Afghanistan 1 militare su 3 è un bambino. Qui, l'indottrinamento inizia fin dai 6 anni. Secondo il Child Soldiers International si aggiungono alla lista anche la Repubblica Centrafricana con 14mila giovani in armi, la Somalia, il Congo, lo Yemem e molti altri con circa 2000 bambini arruolati e più di 3000 giovani morti o mutilati. Se in Myanmar il reclutamento di giovani è forzato, in molte altre parti del mondo sono i bambini stessi a volersi arruolare per sfuggire alla fame, per difendere la loro comunità o anche per vendicarsi di qualche torto o perdita. E' un fenomeno secolare: solo nel 1988 combattevano 200mila minori e la diffusione delle armi leggere non ha fatto altro che aumentare il numero. Per di più i bambini sono sempre stati considerati un acquisto conveniente per gli eserciti perché malleabili e facili da spaventare, non chiedono salari e sono meno propensi a scappare rispetto agli adulti. Da anni ormai moltissime organizzazioni stanno lottando contro tale fenomeno. Non pochi sono i risultati e i miglioramenti raggiunti. Secondo l'Unicef, nel 2018 l'esercito del Myanmar insieme a quello del Tatmadaw ha rilasciato 1000 bambini.